Hikikomori: il ritiro sociale e l’esistenza velata

Il termine giapponese significa Stare in disparte, una condizione in cui si ritrovano a vivere una numerosa percentuale di giovani, in particolare maschi, tra i 14 e i 30 anni.

La scelta è quella di vivere in un ritiro esclusivo dalla vita sociale per lunghi periodi. Rinchiusi nella propria abitazione e molto spesso nelle quattro mura della propria stanza, evitando qualsiasi tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta anche con i propri familiari.

Dietro questa scelta così estrema aleggia una grave sofferenza psicologica, un disaggio adattivo sociale. Forse questa società così “performante” diventa “perforante” tanto da generare vuoti spaventosi da colmare?

I campanelli d’allarme sono legati all’insofferenza verso la socialità: rifiuto di partecipare ad attività sportive, uscite con gli amici, auto reclusione che porta poi a rifiutare anche la scuola, fino ad arrivare a un abbandono totale, a un’incuria personale e dei propri spazi.

Quasi sempre la paura del mondo esterno, una spiccata ansia sociale, la difficoltà a relazionarsi e confrontarsi con i coetanei, spesso associati a tratti caratteriali eccessivamente introversi porta a considerare pericoloso tutto ciò che è “fuori”. A sentirsi inadeguati di fronte agli eventi. Un po’ come le tartarughe che appena percepiscono il pericolo esterno si ritirano nella loro corazza.

Molto spesso, la condizione degli HIKIKOMORI può essere aggravata da rapporti difficoltosi con la famiglia, che potrebbe essere o troppo incentivante, senza rispettare tempi e timori dei giovani, o eccessivamente protettiva, privandoli della possibilità di sviluppare competenze necessarie per transitare all’età adulta, proteggendoli oltre ogni limite, impedendo loro di commettere quegli errori o fallimenti necessari per gli step evolutivi.

L’unico contatto con l’esterno avviene tramite internet, la cui dipendenza, al contrario di quanto si possa pensare, non è la possibile causa di tale condizione, ma ne rappresenta una conseguenza.

Purtroppo tutta questa sofferenza ha un impatto ancora più negativo su aspetti della vita quotidiana della persona, compromettendone alimentazione, attività fisica, cura generale della persona; vengono alterati i ritmi sonno veglia, e il rischio di sviluppare tratti autodistruttivi sono elevati.   

Erroneamente si pensa che la reclusione e le restrizioni a cui siamo stati obbligati negli ultimi anni a causa della pandemia, siano state concause o aggravanti rispetto allo sviluppo del fenomeno. Anzi, è emerso che proprio durante quel periodo, molti giovani HIKIKOMORI hanno manifestano volontà di uscire, anche solo per un tempo ridotto.

La difficoltà a lavorare con queste giovani vite è difficile, in quanto hanno grandi resistenze e rifiutano qualsiasi contatto con l’esterno. Ultimamente si predilige affrontare la problematicità a distanza, in modalità online, lì dove c’è accettazione, oppure si cerca di intervenire in modo trasversale attraverso le famiglie. Sono frequenti gruppi di genitori che si riuniscono tra di loro e/o con esperti per confrontarsi, supportarsi, informarsi e sentirsi meno emarginati nell’affrontare la solitudine che in modo velato respirano in casa. 

A cura della Dott.ssa Melania Voccia

Pedagogista Clinico – Counselor – Mediatrice Metodo Feuerstein