Il coronavirus, la didattica a distanza e il fallimento (l’ennesimo) della scuola in Italia

Qualcuno ha dato così tanti compiti che il 3 aprile rischia di ritrovarsi con alunni laureati.

Leggevo giorni fa questo post su Facebook alla fine di una lunga e tormentata giornata, caratterizzata da infiniti sproloqui e schizofrenici flussi di post  nei gruppi di Whatsapp (gruppi di docenti ovviamente).

Stanno vivendo giornate intense, i nostri smartphone ovviamente, le cui batterie sono prematuramente scaricate in meno di mezza giornata dai gruppi su Whatsapp. Ogni comunità lavorativa ormai ne ha almeno uno, ma in certi casi, direi patologici, molti di più, purtroppo. Certo nelle iniziali intenzioni dei fondatori-amministratori di gruppo c’è quella di facilitare le comunicazioni tra colleghi, su argomenti di lavoro, comunicazioni urgenti e così via; ma si sa che le buone intenzioni sono state la rovina del mondo… (Oscar Wilde) e nel caso della scuola mai citazione fu più calzante.

Ma non è questo il punto; il punto (per i lettori più puntigliosi questa vuole essere una anadiplosi) è che il gruppo su Whatsapp sta agli insegnanti (per fortuna alcuni si salvano) come il gruppo di supporto psicologico sta agli alcolisti e credetemi non amo l’uso dell’iperbole. 

In questi giorni … ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi… docenti che litigano a mezzanotte sull’uso di Edmodo, maestre che invocano Padlet alle sei del mattino e tutti questi sforzi andranno perduti nel vento come le bestemmie che gli alunni gli stanno mandando, è tempo di rinsavire.

Tanta buona volontà? Direi piuttosto tanta idiozia, improvvisazione e dilettantismo; ancora una volta i docenti italiani, categoria alla quale mi (dis)onoro di appartenere hanno mostrato la loro insussistenza di categoria professionale, la farsesca illusione di taumaturgia, la totale nullità cerebrale e l’atavica mancanza di praticità, oltre che il più becero e patetico servilismo nei confronti di un Ministero-Leviatano tanto astratto da risultare ancora una volta inutile e inconsistente.

Per chi non lo sapesse il Presidente del Consiglio dei Ministri ha emanato un Decreto di Sospensione delle attività didattiche, necessario per la tutela della salute pubblica e non per un improvviso ghiribizzo; e quale reazione hanno avuto presidi e insegnanti? Si sono riuniti, per lo più clandestinamente, in barba a una dozzina di leggi e provvedimenti d’urgenza, rischiando la salute propria e non solo, per arrivare a quale risultato? Nel migliore dei casi fare l’assegno a distanza, nel peggiore (e credetemi ne sto vedendo e sentendo di tutti i colori) sono stati sguinzagliati (non me ne vogliano le donne ma sono soprattutto donne) i mastini del registro elettronico, insegnanti che stanno online h24 per produrre materiali su materiali, classi virtuali, ambienti di apprendimento che neanche Orwell fatto di cocaina avrebbe osato immaginare, ma soprattutto stanno assegnando una marea di compiti, in molti casi andando ben oltre i carichi di lavoro che normalmente loro stessi impongono in condizioni normali. 

Facciamo il punto della situazione: per anni abbiamo permesso che la scuola italiana diventasse un parcheggio gratuito senza custodia, abbiamo regalato diplomi a studenti semianalfabeti, abbiamo avallato scioperi degli studenti senza senso e consapevolezza, basti citare il venerdì ecologico gretino avallato dal Ministro in persona; e che dire delle pause didattiche, delle occupazioni, degli open day e di quel Niagara di progetti (utili come la cacca di cane sotto le suole di una scarpa geox)… e adesso vorremmo far passare il coronavirus come unico kippūr? Un mese di chiusura delle scuole, per pandemia è bene ricordarlo, non per una rivendicazione sindacale… e tutti gli italiani si sono riscoperti filosofi. La scuola deve dare risposte! Ma forse avrebbe dovuto darle anni fa… 

Se la risposta del nostro sistema d(‘)istruzione è giocherellare con pseudo video-giochi-sistemi-classi-ambienti di apprendimento-istruzione-formazione 2.0-3.0-3.14 e allora dobbiamo aspettare non un Virus ma un Diluvio. Perché il risultato è sotto gli occhi di tutti, Dio in primis al quale i nostri sapientoni ministeriali un giorno renderanno conto; e qual è il risultato? Prima di questo famigerato virus la scuola in Italia funzionava come un campo profughi al confine tra Etiopia e Somalia. Tutto manca nella scuola: banchi, sedie, sapone, carta (per fotocopie, assorbente e perfino igienica) e che dire delle tecnologie… sarebbe meglio stendere un velo pietoso tra LIM ormai ventenni (quando funzionano), wifi ballerini, computer simil modello AMIGA 500 e successive modificazioni, il tutto in edifici cadenti, pieni di infiltrazioni, privi delle certificazioni di agibilità e chi più ne ha più ne metta. Però la colpa di tutti mali è il virus… e la soluzione sta in 20 giorni di Didattica a Distanza full immersion.

E in termini di apprendimento e di successo formativo (che termini tecnici e alla moda che uso, sono il prof. più competente del mondo)? Vorrei ricordare a chiunque abbia la sfortuna o il fegato di leggere le mie farneticazioni, che nelle statistiche OCSE siamo a un  passo dai paesi più sviluppati della Terra, tipo Messico, Turchia, Uganda (Uganda avete capito bene, in matematica siamo nello stesso range dell’Uganda e scusate per la parola range… ma mi è scappata). Ribadisco, dateci la DaD (persino come acronimo fa schifo) e vi solleveremo la scuola… 

Ovviamente mi riferisco principalmente alla condizione della mia Regione e proprio per questo motivo sono portato a farmi una domanda (ovviamente io sono un pessimo docente), ma dal 5 marzo a oggi sono passati 10 giorni effettivi di scuola (vanno esclusi sabato e domenica); non sarebbe stato il caso di rallentare i ritmi, dare agli alunni un po’ di vecchia e sana ripetizione, repetita iuvant dicevano gli antichi, cercando nel frattempo vie meno confusionarie e più efficaci? Dopo tutto basterebbe soltanto un minimo di buon senso, si sa che in medio stat vir(t)us.

Francesco Martini