Cultura e Attualità

Italiani popolo di analfabeti?

L’analfabetismo di ritorno è quel fenomeno attraverso il quale un individuo, pur avendo assimilato le conoscenze necessarie alla lettura e alla scrittura, perde la capacità di formulare e comprendere messaggi a causa del mancato esercizio di quanto appreso. 

Se dunque l’analfabetismo “strumentale” è determinato dal non avere mai acquisito alcuna competenza, l’analfabetismo “funzionale” costituisce una regressione delle abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana che, in altre parole, impedisce di comunicare con il mondo circostante.

Il problema ci riguarda molto da vicino in quanto l’Italia risulta tra le meno alfabetizzate funzionali del globo, con la Spagna e il Messico. Difficoltà analoghe alle nostre, sebbene non così gravi, riguardano anche la Germania e la Francia. I Paesi più virtuosi sono Giappone, Olanda, Svezia, Finlandia, Norvegia, Estonia e Australia.

Tornando all’Italia, c’è da dire che questo fenomeno raggiunge cifre allarmanti. Moltissimi italiani, infatti, sanno gestire perfettamente i loro smartphone, sono attivi sui social, ma di fronte alla complessità della realtà di tutti i giorni si perdono e colgono solo qualche sprazzo di informazione. Questi dati allarmanti derivano dagli istituti internazionali di ricerca. Il più noto si chiama Organisation for Economic Co-operation and Development (Oecd), un ente che collabora con l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). 

Diceva Tullio De Mauro, il più noto linguista italiano, ministro anche della Pubblica Istruzione dal 2000 al 2001, che più del 50% degli italiani nelle attività quotidiane utilizza soltanto una capacità di analisi elementare che, davanti a un evento complesso come la crisi economica, le guerre, la politica nazionale o internazionale, porta a una comprensione appena basilare. In un’intervista condotta da Filomena Fuduli Sorrentino e proposta dall’Agenzia internazionale stampa estero, De Mauro così commentava: “Ci si chiude nel proprio particolare, si sopravvive più che vivere e le eventuali buone capacità giovanili progressivamente si atrofizzano e, se siamo in queste condizioni, rischiamo di diventare, come diceva Leonardo da Vinci, transiti di cibo più che di conoscenze, idee, sentimenti di partecipazione solidale”.

Daniela Siano