Paolo Villaggio e la fantozziana epopea dell’italiano medio

Paolo Villaggio, scrittore, attore, regista teatrale e comico, con la sua dissacrante e grottesca ironia, è stato uno dei primi attori brillanti in Italia

che è riuscito a far riflettere sui problemi della nostra società attraverso la satira. Il suo nome è legato indissolubilmente alla figura del ragionier Ugo Fantozzi, la sua creatura cinematografica più fortunata.

Nasce il 30 dicembre 1932, e non nel 1938 come molti pensano e passa un’infanzia abbastanza povera e rovinata dalla seconda guerra mondiale. Dirà in seguito: In quel periodo facevo una dieta, dettata non dalla voglia di apparire ma dalla povertà. Dopo gli studi di ragioneria attraverserà diverse esperienze lavorative, da cameriere a speaker della BBC, da cabarettista a intrattenitore su navi da crociera, insieme all’amico Fabrizio De André e Silvio Berlusconi, dal teatro al lavoro impiegatizio presso la Cosider: ed è proprio a questa esperienza lavorativa che Paolo Villaggio si ispira per la creazione del personaggio del ragioner Ugo Fantozzi (chiaramente autobiografico), che in seguito lo renderà popolarissimo.

A scoprire la vena artistica di Villaggio fu Maurizio Costanzo, che nel 1967 gli consiglia di esibirsi in un cabaret di Roma. Da qui passerà a partecipare al programma televisivo Quelli della Domenica, in cui i suoi cavalli di battaglia, personaggi aggressivi, vili e sottomessi interpretati da lui (il Professor Kranz, Giandomenico Fracchia e Fantocci, che poi diventerà Fantozzi) troveranno la loro definitiva consacrazione. Dal set televisivo passerà poi alla macchina da scrivere facendo pubblicare da L’Espresso e dall’Europeo i suoi brevi racconti incentrati sulla figura del ragionier Ugo Fantozzi, uomo dal carattere debole, perseguitato dalla sfortuna e dal megadirettore della megaditta, dove Fantozzi lavora.

Nel 1971 la casa editrice Rizzoli pubblicherà il libro Fantozzi, che raccoglie proprio questi racconti, dando a Paolo Villaggio notorietà internazionale. Il successo dei suoi best-seller (ne scriverà tre, tutti editi dalla Rizzoli), gli darà l’opportunità di darsi al cinema con successo e profitto. Per la verità, Villaggio aveva già lavorato in alcuni film (si ricordi, per tutti, Brancaleone alle crociate di Mario Monicelli del 1970), ma solo con il celebre film Fantozzi di Luciano Salce nel 1975 incomincerà ad essere apprezzato anche in questo campo. Ne seguiranno tanti altri, ben 9 sul personaggio del mitico ragioniere (uno di Salce oltre al primo già citato, sette di Neri Parenti ed uno, l’ultimo, di Domenico Saverni), oltre a quelli fatti interpretando personaggi minori, quali Giandomenico Fracchia e il professor Kranz.

Grazie al grande successo dei film sono entrate nel bagaglio lessicale dell’italiano medio espressioni come Mi si sono incrociati i diti, Come è umano lei, oltre agli aggettivi fantozziano e all’espressione Alla Fantozzi, sorte per indicare esperienze, atteggiamenti o situazioni nati male e finiti peggio; per non parlare dell’uso dei congiuntivi vadi e “venghi che purtroppo molti non hanno compreso essere espedienti comici.

Una famosa battuta sul film La corazzata Potëmkin, giudicata dal ragioniere una cagata pazzesca, ha fatto in modo che di fatto questa pellicola non venisse più riprodotta nei cineforum aziendali (proprio come quelli che il grande ragioniere era costretto a seguire) ed in quelli parrocchiali.

Fantozzi rappresenta l’italiano medio degli anni settanta, medio-borghese, con uno stile di vita semplice (niente laurea, lavoro da impiegato, casa in equo canone) che mette davanti alla telecamera le ansie e le perversioni di un’intera classe di lavoratori: in tutti gli uffici è esistita una seduttrice un pò doppiogiochista come la signorina Silvani, un capo esigente o un collega arrivista, molti sono andati in giro su una vecchia utilitaria come la Bianchina di Fantozzi, ma soprattutto tutti abbiamo pensato di essere dei perseguitati dalla sfortuna.

Villaggio ha recitato, ma non sempre con abilità e fortuna, in moltissime commedie cinematografiche, interpretando personaggi molto simili a Fantozzi. A volte uscendo dalla routine delle sue creazioni, ha lavorato con maestri del cinema quali Federico Fellini (nel 1990 con La voce della Luna, insieme a Roberto Benigni), Lina Wertmuller (nel 1992 con Io speriamo che me la cavo), Ermanno Olmi (nel 1993 con Il segreto del bosco vecchio), Mario Monicelli (nel 1994 con Cari fottutissimi amici) e Gabriele Salvatores (nel 2000 con Denti).

Tra i numerosi premi cinematografici ricevuti da Paolo Villaggio, vale la pena ricordare il David di Donatello conquistato nel 1990, il Nastro d’Argento nel 1992 e il Leone d’Oro alla carriera nel 1992.

In tutti questi anni non è tuttavia cessata la sua attività di scrittore: ha continuato a far pubblicare libri di buon successo con regolarità, cambiando però editore nel 1994 (è infatti passato dalla Rizzoli alla Mondadori). Per quest’ultima ha pubblicato Fantozzi saluta e se ne va (1994-1995), Vita morte e miracoli di un pezzo di merda (2002), 7 grammi in 70 anni (2003) e Sono incazzato come una belva (2004), prima di tornare a pubblicare con la Rizzoli Gli fantasmi nel 2006.

Tutti lo ricordiamo come attore di cinema e scrittore, ma è stato anche un buon attore di teatro: sotto la regia di Giorgio Strehler ha infatti interpretato in teatro il ruolo di Arpagone nell’Avaro di Molière nel 1996, mentre dalla stagione teatrale 2000-2001 ha più volte portato in scena il monologo autobiografico Delirio di un povero vecchio. Sempre nel 1996, ha anche condotto il tg satirico Striscia la notizia insieme a Massimo Boldi. Più recentemente ha partecipato alla fiction televisiva Carabinieri, in cui interpreta Giovanni, un professore che ha perso la memoria, che spesso collabora nella risoluzione dei casi con le forze dell’ordine.

Dopo aver portato in scena il monologo autobiografico Delirio di un povero vecchio, nel 2002 Villaggio ha pubblicato la sua autobiografia intitolata Vita, morte e miracoli di un pezzo di merda, dove ha raccontato molto sulla sua famiglia, su sua moglie, suo fratello (gemello) e suo figlio. Fino ad allora non aveva mai amato parlare della sua famiglia e tutte le volte che era stato costretto a farlo si era sempre divertito ad imbrogliare le carte raccontando storie del tutto inventate.

Paolo Villaggio è deceduto il 3 luglio 2017 all’età di 84 anni presso la casa di cura Paideia di Roma, dov’era ricoverato dagli inizi di giugno a causa di complicanze respiratorie dovute al diabete. Nel settembre 2017 viene presentato alla Mostra d’arte cinematografica di Venezia (nella sezione classici) il docufilm La voce di Fantozzi, diretto da Mario Sesti. L’opera, che vede la partecipazione di molti artisti e intellettuali del panorama italiano, ricostruisce il lascito culturale del comico genovese ergendosi a ultimo e definitivo testamento: simbolicamente rappresentato dalla sequenza finale, che vede lo stesso attore recitare, per l’ultima volta, nelle vesti di un Pierrot.

Francesco Martini