ONMIC PCTO – La difficoltà delle scelte razionali

La nostra vita è l’insieme delle scelte che facciamo. 

È una strada piena di incroci in cui noi orientiamo la direzione in base alla nostra indole. Ma siamo davvero sicuri di poter scegliere? Vivere in Occidente dove la libertà individuale è al centro del pensiero contemporaneo, in cui non ci sono imposizioni dittatoriali che si impongono sul nostro stile di vita ci fa pensare di essere liberi di scegliere. Ma è veramente così?

COSA SIGNIFICA SCEGLIERE?

La parola scegliere deriva etimologicamente dal latino ex-eligere, che significa preferire, optare, selezionare, decidere. Fare una scelta implica in sé un cambiamento dello stato attuale delle cose.

LA SCELTA PERSONALE

Quotidianamente prendiamo delle decisioni, per esempio, cosa mangiare a pranzo, con chi uscire, cosa dire al capo in ufficio, come educare i nostri figli, quale vestito indossare. Ci sono delle scelte che possiamo definire automatiche, quasi non ci accorgiamo di prenderle, perché, ormai, sono insite nei nostri meccanismi di apprendimento, per cui emettiamo un comportamento, quasi in automatico, senza renderci conto di aver fatto una scelta. A volte, invece, ci troviamo dinanzi a situazioni che innescano processi di riflessione, meditazione, che ci permettono di valutare le possibili conseguenze di una scelta, come ad esempio, decidere il percorso di studi Universitari più adatto a noi. Ciò che implica una scelta, porta di conseguenza ad un cambiamento, e tutto quello che porta ad un cambiamento, nel nostro schema di comportamenti abituali, attiva un insieme di meccanismi, che a volte possono generare stati d’ansia, e agitazione, sfociando persino in disturbi come l’attacco di panico, fobie e depressione. Come scegliere se lasciare la propria Città di appartenenza, per andare altrove, cercare lavoro e costruirsi una propria indipendenza. Queste sono scelte personali, quelle scelte che sono alla base della differenziazione della vita delle persone e quindi di per sé è positiva.

LA SCELTA INFLUENZATA

A volte gli eventi della vita non sono sempre così come vorremmo e quindi, come si dice, siamo costretti a fare delle scelte. Da qui la messa in discussione di sé stessi, del proprio stile di vita, degli schemi interpretativi utilizzati fino a quel momento, per conseguire una sorta di rinnovamento interiore. Gli attori della nostra vita siamo principalmente noi, tutto quello che purtroppo ci rimanda una società che ci porta, in continuazione, a dover scegliere, ci mette in conflitto. Quello che più è importante, è il modo attraverso cui noi giungiamo ad una decisione. Subire una scelta non è il modo più giusto per affrontare un cambiamento positivo.Ognuno di noi si trova in bilico tra due spinte che lo trascinano apparentemente in direzioni opposte, una è quella a distinguersi dalla massa per rimarcare una propria identità e personalità, l’altra è quella di integrarsi e sentirsi parte di un gruppo o di una collettività senza essere esclusi. Di fatto si finisce quindi con l’assecondare tendenze inconsapevolmente. Come vestirsi, che musica ascoltare, che serie televisive vedere, che libri leggere e addirittura il proprio lavoro: tutte queste decisioni sono prese per condizionamento sociale e non in autonomia. Le scelte influenzate sono quelle scelte che inconsciamente ci impone la società.

LA RINUNCIA – SCEGLIERE DI NON SCEGLIERE

La non scelta si traduce infatti il più delle volte nell’eventualità di lasciare agli altri la decisione che spetta a noi o, peggio, di lasciare al caso anche gli eventi che siamo in grado di controllare. Quel che forse risulta più grave è l’atteggiamento di de-responsabilizzazione di cui si sente investito colui che non sceglie e che, così facendo, diventa invece direttamente responsabile di tutto ciò che accade o non accade. Decidere di non scegliere è forse la scelta più estrema e pericolosa che l’uomo può fare e lo sanno bene sia Dante che Kierkegaard.

Questi non hanno speranza di morte, e la lor cieca vita è tanto bassa, che ‘nvidïosi son d’ogne altra sorte. Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa”. scriveva Dante nella Divina Commedia. Questa è la condizione degli ignavi che, non facendo mai alcuna scelta, hanno arrecato un danno a sé stessi e alla società.  La “setta dei cattivi”, così la definisce Dante, conta coloro che non si sono mai schierati né da una parte né dall’altra. La non scelta li rende più vili dei peccatori e per questo alla terribile punizione divina, che li vede costretti a rincorrere eternamente una insegna girevole che non riescono mai a toccare, se ne aggiunge un’altra tutta umana: l’impossibilità di essere ricordati dai vivi.

Il problema della scelta tra il bene e il male attraversa tutta la storia della filosofia e proprio nel pensiero di Kierkegaard si intreccia con quello della scelta tra vita estetica e vita etica. Non esisterebbe inoltre un passaggio che va dallo stadio estetico a quello etico, ma un salto nel buio che porta l’uomo da una condizione all’altra. La metafora del salto pone in luce la difficoltà che accompagna ogni scelta, caratterizzata sempre dal rischio che deriva dai suoi risvolti ignoti. Kierkegaard in merito alla libertà di scelta dell’uomo scrive: “non rappresenta la sua grandezza, ma il suo permanente dramma. Infatti egli si trova sempre di fronte all’alternativa di una possibilità che sí e di una possibilità che no senza possedere alcun criterio di scelta. E brancola nel buio, in una posizione instabile, nella permanente indecisione, senza riuscire ad orientare la propria vita, intenzionalmente, in un senso o nell’altro”.

LA PAURA DEL CAMBIAMENTO

Spesso vi è la “paura al cambiamento”, che rappresenta essenzialmente, la paura di uscire dalla zona di “comfort”, in cui ci sentiamo sicuri e che comprende spazi conosciuti, familiari e amicali, comportamenti abitudinari. Pensiamo nel profondo, che sia più semplice e comodo compiere sempre le stesse azioni, vedere sempre le stesse persone e ignoriamo che quando usciamo dall’area protetta e quindi dall’ abitudine, impariamo, cresciamo e miglioriamo. L’autostima cresce e gli orizzonti si allargano.

Dall’altra, ci sono persone che preferiscono rifugiarsi nel passato e nei vecchi schemi, che guardano con timore e preoccupazione il futuro. Esse temono il loro essere in grado di cambiare. In genere, questo atteggiamento si lega al proprio vissuto di indegnità nei confronti del successo, oltre che al timore di deludere le aspettative altrui, che potrebbero non coincidere con le proprie aspirazioni.

SCEGLIERE DETERMINA IL NOSTRO DESTINO

Ad indicarci la direzione verso cui andare, sono i nostri valori, i nostri sentimenti, il grado culturale, il bagaglio di esperienze, gli usi e i costumi che ci appartengono, ossia tutto ciò che per noi è importante nella vita. Per vivere a pieno la propria vita, occorre lavorare su sé stessi e divenire consapevoli dei propri principi guida, basando le proprie azioni sul libero arbitrio e la capacità di autoconsapevolezza.

È nel momento delle scelte che si determina il nostro destino, e o sei tu a gestire gli eventi, gli impegni, il tempo, i pensieri e le azioni, o loro gestiranno te.  Iniziare con piccoli passi, abbandonando le vecchie abitudini dannose, concedendosi il tempo di ristrutturare le cognizioni errate e apprendere nuovi comportamenti più efficaci. Noi possiamo scegliere come rispondere agli eventi che ci accadono; possiamo scegliere come pensare, come agire, come essere.  Noi possediamo il libero arbitrio. Un modo migliore di vivere è possibile. Le nostre azioni quotidiane troppo spesso sono determinate da abitudini consolidate, dalla routine o dalla fretta. 

A volte scegliamo qualcosa, che a breve termine, può sembrare appropriato o gratificante, ma alla lunga rivelarsi dannoso o spiacevole, ci illudiamo di scegliere, magari uniformandoci alla massa, inconsapevoli, prigionieri del meccanismo perverso della civiltà dei consumi. Spesso siamo rassegnati e spenti, e meramente continuiamo a fare le stesse cose tutti i giorni, a volte per paura di sbagliare, per pigrizia o per paura del giudizio degli altri. Per affrontare e gestire al meglio il nuovo che arriva, tuttavia, è bene cercare di agire, partendo da un progetto ben definito. Dopo un esame responsabile della propria situazione, sarebbe bene fissare degli obiettivi effettivamente raggiungibili, di media difficoltà e ordinati per importanza, se molteplici.

Inoltre, tali obiettivi dovrebbero essere positivi e non negativi, suddivisi in diversi passaggi intermedi, se eccessivamente complessi e articolati, autoimposti e non imposti dall’esterno. Un piano di azione ben definito facilita il raggiungimento delle mete prestabilite, diminuisce il rischio di fallimento e di conseguenti ripercussioni sulla autostima e sulla fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità.

Ilenia Barone