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ONMIC PCTO – Un animale per amico: pet therapy la migliore medicina per l’umore

Nel mondo della medicina esistono tantissime terapie, come quella farmacologica, chirurgica, riabilitativa, e così via.

Le persone spesso pensano che i mali si possano curare solo tramite medicinali o cure specifiche: solo poche però, conoscono e applicano le terapie psicologiche, che fortunatamente in questi ultimi anni sono molto utilizzate e apprezzate. Un esempio di queste è la pet therapy.

La pet therapy ossia terapia del cucciolo, è una forma di terapia in cui il canale comunicativo più usato e sollecitato è quello dell’immediata espressione delle emozioni. È una vera e propria interazione guidata tra una persona e un animale addestrato, il cui scopo è quello di aiutare questa persona a superare un problema di salute o di disturbo mentale, affiancandosi alle terapie tradizionali e ai trattamenti sanitari già in corso. Permette dunque agli animali di diventare medici, o meglio ancora terapisti dell’uomo. Possono aiutarci tante specie: cani, gatti, pesce rossocriceto e tanti altri piccoli animali da compagnia da tenere in casa. Ma anche più impegnativi come i cavalli e i delfini. Cani e gatti sono gli animali più comunemente utilizzati nella pet therapy. Il tipo di animale scelto dipende dagli obiettivi terapeutici nel trattamento del disturbo di una persona.

Una domanda sorge spontanea: da quando gli animali sono stati coinvolti nella cura di alcune patologie psicologiche e fisiche dell’uomo?

L’addomesticamento e la rappresentazione  degli animali da parte dell’uomo ha origini molto antiche: Pensiamo ai gatti per gli antichi Egizi, alle raffigurazioni del dio Anubi e alle raffigurazioni di alcuni santi cristiani rappresentati spesso con animali vicino a sé, come San Rocco e Sant’Antonio. Ma solo all’inizio del XX secolo si capisce quanto la vicinanza degli animali possa sortire effetti positivi e terapeutici nella psiche umana ed in alcune patologie fisiche. Negli anni ’60 lo psichiatra infantile Boris Levinson nota gli effetti positivi della presenza del suo volpino nelle sedute con i suoi piccoli pazienti. Per primo conia il termine “pet therapy” e gli attribuisce valore scientifico attraverso i suoi studi.

Sulla scia delle ipotesi di Levinson, negli USA si susseguono altre applicazioni: nella cura dei disturbi mentali e come “facilitatori di relazioni” per gli anziani, come negli studi di Erica Friedmann, che osservando per un anno pazienti dimessi dall’ospedale a seguito di problemi cardiaci, rilevò una correlazione tra la sopravvivenza dei pazienti ed il loro possesso di animali domestici. In ricerche successive, la Friedmann scopre che non è necessario il contatto tra paziente ed animale, ma che basta l’osservazione dell’animale per indurre nel paziente cardiopatico la diminuzione della pressione, la regolarizzazione del battito cardiaco e della respirazione, il rilassamento del tono muscolare e delle espressioni del viso.

Chiaramente, negli ultimi decenni, la metodologia moderna ha finito per indirizzare in modo più scientifico questo tipo di terapia. Sia gli animali che i loro responsabili devono essere adeguatamente formati e addestrati per interagire correttamente.

Oggi la pet therapy si sta espandendo molto anche in Italia, con metodi ed applicazioni a tipologie di pazienti molto diverse tra loro. Crescono anche gli studi scientifici internazionali sull’efficacia di questi interventi. Prima di addentrarci nel merito è bene fare un po’ di chiarezza terminologica.

Questo termine è stato recentemente sostituito con quello più appropriato di interventi assistiti con gli animali (IAA), che consente di distinguere tra diverse tipologie di approcci, a seconda che prevalga la componente cosiddetta ludico-ricreativa (attività assistita con gli animali, AAA),finalizzata al miglioramento della qualità della vita  e della corretta interazione uomo-animale, quella educativa (educazione assistita con gli animali, EAA), finalizzata a promuovere, attivare e sostenere le risorse e le potenzialità di crescita, relazione e inserimento sociale delle persone in difficoltà, cioè tutte quelle attività che migliorano la qualità della vita delle persone con handicap fisici o psico-fisici ,o quella terapeutica (terapia assistite con gli animali, TAA), finalizzata alla cura di disturbi della sfera fisica, neuro e psicomotoria, cognitiva, emotiva e relazionale. 

Le sedute hanno fin dall’inizio un obiettivo terapeutico preciso e possono essere svolte in gruppo o individualmente. Dietro le quinte della progettazione di tali interventi vi sono quasi sempre equipe multidisciplinari composte da operatori specializzati, educatori, psicomotricisti, psicologi, medici, veterinari.

Numerose evidenze scientifiche dimostrano le potenzialità dell’impiego degli animali come strumento di cura, in particolare negli ospedali e nelle case di riposo per anziani, strutture in cui le persone sono separate dall’affetto e dal supporto dei propri cari. La presenza di un animale agisce come un “rompighiaccio”, offre argomenti di conversazione e, in ultima analisi, stimola la comunicazione e le relazioni sociali. Inoltre il contatto con gli animali è una terapia per la depressione negli anziani e per i disturbi cardio-circolatori, questi sollevano il morale, riducono la pressione del sangue e il battito cardiaco. Anche nel caso di persone affette da disturbi dello spettro autistico, che presentano difficoltà a comunicare e interagire con gli altri, l’introduzione di cani nelle sedute terapeutiche ha avuto effetti incoraggianti, ad esempio nella riabilitazione dopo gravi traumi. In  questi casi infatti il paziente a contatto con l’animale interagisce con esso prestandogli cure, ad esempio spazzolando il pelo del cane, oppure tirando oggetti che il cane riporta, oppure ancora dandogli dei comandi, le risposte dell’animale stimolano la reazione del paziente. Altri effetti positivi sono il rapido miglioramento del livello di attenzione e della frequenza delle interazioni sociali, sia verbali sia non verbali, e riduzione delle stereotipie comportamentali, cioè di quei movimenti ripetuti senza apparente scopo che spesso caratterizzano il disturbo.

La capacità degli animali di rappresentare un ponte, di favorire le relazioni sociali umane, ha implicazioni pratiche non solo nei percorsi di cura ma anche in ambiti educativi. Diversi interventi per la promozione del rapporto bambino-animale effettuati con l’aiuto degli animali da compagnia, soprattutto dei cani, hanno mostrato la loro efficacia nel contrastare alcuni problemi comportamentali quali, ad esempio, difficoltà di apprendimento, spesso dovute a deficit di attenzione, ed episodi di aggressività. Inoltre, hanno evidenziato il ruolo prezioso che gli animali possono svolgere per facilitare l’integrazione sociale nell’ambiente scolastico, risultato particolarmente importante per i bambini e gli adolescenti con patologie caratterizzate da ritardo nello sviluppo. Numerose evidenze scientifiche dimostrano come crescere con un animale influisca positivamente sullo sviluppo della personalità dei bambini, aumentando l’autostima, la fiducia in se stessi e migliorando l’empatia (vale a dire, la capacità di comprendere lo stato d’animo degli altri) e il senso di responsabilità. Infatti, la relazione che si stabilisce con l’animale e il rapporto con esso, soprattutto durante il gioco, possono contribuire a favorire, nel bambino, i comportamenti sociali facilitando, così, le modalità di approccio e di interazione tanto con gli altri bambini che con gli adulti.

Anche in malattie come cancro, leucemia e malattie coronariche ha dato riscontri positivi.

Questi sono gli obiettivi per i quali viene comunemente usata questo tipo di terapia:

  • migliorare le capacità motorie e il movimento articolare
  • motivare il paziente a muoversi o esercitarsi
  • aumentare l’autostima
  • stimolare la comunicazione verbale e le interazioni sociali
  • migliorare le interazioni con gli altri

In sostanza, può contribuire a rendere il paziente più felice e meno stressato, difendendolo dalla depressione. Può aiutarci a formare una visione più positiva della vita, combattendo l’isolamento e riducendo l’ansie. In particolare, per i bambini può aiutare a  rendere meno duro o più affrontabile il rapporto con altre terapie mediche (es. chemioterapia).

Attenzione che sia gli animali che i loro tutori devono essere adeguatamente addestrati. Esistono appositi corsi da seguire, sia per guida che per animale. Non si tratta infatti di beneficiare della mera vicinanza di un animale, ma di attitudine da parte di quest’ultimo ad interagire in maniera adeguata. Prima di affidarvi a qualcuno per questo tipo di terapie, verificate accuratamente le credenziali. Impariamo ad apprezzare, quindi, il ruolo degli animali, a rispettarli, a comprendere che averli accanto a sé non deve essere, come accade talvolta, un capriccio o una moda passeggera.

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Tra le varie razze canine, ce ne sono diverse potenzialmente adatte alla pet therapy. Ma è difficile fare un discorso generalizzato. Entrano qui in gioco, com’è inevitabile, fattori di tipo individuale e relativi alla tipologia di disturbo sofferto. In linea di massima è possibile dire che:

  • Per i problemi di tipo motorio o sensoriale, dove è necessario che il cane sia in grado di offrire supporto concreto alla mobilità e abbia determinate doti fisiche, risultano particolarmente idonei il Golden Retriever, il Labrador e soprattutto il Pastore Tedesco. La loro duttilità e capacità di apprendere è l’altro aspetto che li fa preferire in questo senso.
  • Per malattie terminali o invalidanti, sono fondamentali le caratteristiche comportamentali e psicologiche del cane. Un cane psicologicamente stabile rappresenta un appiglio utilissimo per recuperare preziosa positività. Un cane affettuoso, ma discreto è l’ideale. Anche qui i cani da pastore se la cavano benissimo, in particolare un cane come il Bovaro del Bernese, affettuoso e mansueto.
  • Per problemi di tipo psichico, come ansia, depressione, attacchi di panico e in generale disagio mentale, fondamentale risulta essere la presenza di un cane che sia in grado di stabilire un legame con la persona. Un legame di tipo non solo affettivo, ma anche fisico. Un cane propenso alle coccole è l’ideale in queste circostanze. Qui si prestano anche cani di taglia minore, come il Jack Russell Terrier, il Cavalier King Charles Spaniel, lo Shih-tzu, il Bulldog francese o il Barboncino. Tra i cani di taglia medio-grande, ci sentiremmo di includere ancora lui, il Labrador e soprattutto il Golden Retriever.

I meccanismi alla base degli effetti della pet therapy sono ancora in fase di studio. È noto che la sola presenza di un animale durante situazioni percepite come stressanti (per esempio, leggere ad alta voce davanti ad altre persone) riduca i livelli di ansia, la pressione sanguigna e il battito cardiaco. Studi scientifici hanno mostrato come il contatto fisico con un animale induca una riduzione, nel sangue, dei livelli degli ormoni responsabili della risposta allo stress (cortisolo). Parallelamente, esso causa un aumento delle quantità di ormoni e neurotrasmettitori in grado di determinare emozioni positive (endorfine e dopamina) e di ridurre l’ansia e lo stress. Ciò determina anche un miglioramento delle relazioni con gli altri e dell’umore (attraverso la stimolazione dell’ossitocina, un neuropeptide secreto dall’ipotalamo). I risultati delle ricerche più recenti dimostrano, inoltre, come relazioni basate sull’affetto e l’attaccamento possano effettivamente stabilirsi tra specie diverse e determinino anche una regolazione reciproca delle emozioni e dei comportamenti.

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Ludovica Arischia

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